Il sonno delle bambine e dei bambini nei primi tre anni di vita
La nascita di un figlio stravolge le vite dei neo genitori, le arricchisce e scardina le abitudini e le certezze quotidiane, anche di notte.
Numerosi miti e leggende sono diffusi nella nostra società sul sonno dei neonati, contribuendo alla costruzione di false aspettative genitoriali. Poco conosciuta è la reale fisiologia del sonno dei più piccoli, che differisce, da quello degli adulti, in quantità e in qualità.
Ha scambiato la notte per il giorno! La maggior parte dei neonati dorme dodici ore per notte! Se lo/la prendi in braccio per dormire si vizia!
Generalmente gli incontri con i genitori sul tema del sonno si aprono con una riflessione su questi condizionamenti sociali, che viviamo quotidianamente; snocciolati in questo modo acquisiscono un sapore surreale, generando un sano sorriso fra i partecipanti. Eppure non è raro che i genitori diano credito a tali indicazioni, provati dalla stanchezza di lunghe notti insonni.
Ma quanto e come dorme un bambino?
Nel primo trimestre di vita il bambino dovrebbe dormire all’incirca diciassette ore suddivise fra la notte e il giorno, cadendo direttamente nel sonno, definito dagli esperti, REM, ovvero attivo. Nel secondo trimestre di vita le ore di sonno sono circa dieci per la notte e cinque per il giorno, il sonno comincia con una fase non REM ovvero sonno tranquillo. Il terzo trimestre è caratterizzato da circa undici ore di sonno notturno e tre ore di riposo diurno; crescendo la quantità di sonno non REM rimarrà invariata, mentre diminuirà il sonno REM. La maggior quantità di tempo trascorso nella fase REM per i piccoli è un grosso fattore protettivo, in fisiologico contrasto alla sindrome della morte in culla, in quanto i risvegli sono più frequenti e il sonno è più leggero. Inoltre la fase REM è necessaria per lo sviluppo cognitivo ed emotivo: sin dalla gestazione il bambino, quando dorme, riproduce sul suo viso le espressioni facciali corrispondenti alle emozioni in qualche modo esperite all’interno del grembo materno. Studi scientifici ipotizzano che il cervello consolidi, durante il sonno, memorie emotive innate ed esperienze vissute durante la veglia.
Lo sviluppo dei bambini non è lineare, ma sappiamo essere caratterizzato da momenti di stasi o apparente regressione, quest’ultimi fungono da trampolino evolutivo permettendo al bambino di raggiungere le tappe di crescita successive. Il dr. Brazelton, pediatra e docente alla Harvard Medical School di Boston, definivaquesti passaggi Touchpoint; in particolare possiamo individuarne alcuni, che hanno una maggiore incidenza sull’andamento del riposo notturno:
- Touchpoint del quarto mese: il bambino è più attivo e interessato al mondo circostante
- Touchpoint del settimo mese: l’emozione di esplorare il mondo potrebbe protrarsi anche durante la notte, potrebbe essere più difficile far riaddormentare il piccolo fra un risveglio e l’altro. Potrebbe essere un buon momento per introdurre i rituali della nanna, a seguito delle prime vere cene.
- Touchpoint del nono, del dodicesimo e del diciottesimo mese: l’acquisizione delle competenze motorie e di sviluppo incidono profondamente sul riposo. Inoltre il bambino potrebbe voler continuare a svolgere le attività di suo interesse anche durante la notte. A mettere ulteriormente in difficoltà i genitori potrebbe contribuire l’ostinazione tipica dei piccoli intorno ai diciotto mesi.
- Touchpoint dei due anni: in questo periodo compaiono le prime paure o incubi notturni, il bambino potrebbe richiedere maggiormente le rassicurazioni e la presenza di mamma o papà.
È possibile insegnare a dormire ai piccoli?
Partiamo da una considerazione di base: non si può insegnare a dormire ad un bambino, in quanto il sonno è un bisogno fisiologico innato, ma possiamo aiutare il bambino ad acquisire autonomia nella gestione dei risvegli notturni e il rispetto dei tempi. Il bambino ha in sé le competenze necessarie per acquisire il fisiologico ritmo sonno/veglia: meno saranno le interferenze dell’adulto, più velocemente il piccolo le acquisirà.
La risposta genitoriale ai bisogni dei bambini è alla base della fiducia e della sicurezza dei piccoli, che sia giorno o notte; per questo motivo lasciare che piangano non è mai una buona soluzione. Il pianto è un richiamo di prossimità indirizzato all’adulto: se quest’ultimo non risponde il bambino piangerà fino al sopraggiungere della rassegnazione, data dal fatto che nessuno gli risponderà. Nessuna nuova acquisizione, nessun passo verso la sperata autonomia.
Nessun metodo può sovrapporsi all’intuito e alla conoscenza che ha il genitore del proprio piccolo; i metodi educativi propongono percorsi possibili da cui l’adulto può attingere per esprimere autenticamente se stesso nella relazione con il proprio figlio. Le possibilità fra cui scegliere, al giorno d’oggi, sono molte: side bad, lettino montessori, bad-sharing, co-sleeping ogni famiglia ha la possibilità di scegliere rispettando il proprio equilibrio. Le indicazioni dell’OMS sono poche e chiare: sarebbe meglio che i piccoli dormissero vicino ai propri genitori fino al primo anno di vita, non per forza nello stesso letto, ma almeno nella stessa stanza per contrastare la sindrome della morte in culla (SIDS); se si intende praticare il co-slipping fare attenzione ai fattori di rischio, quali obesità, abuso di alcol o sostanze stupefacenti e fumo.
Come favorire il sonno dei bambini?
Alcuni piccoli gesti di cura possono aiutarci ad accompagnare i nostri bambini verso nanne serene. Prestiamo attenzione ai segnali di sonno del bambino, se attendiamo più del dovuto potrebbe essere troppo stanco per addormentarsi. Limitiamo i cambi notturni solo a quelli necessari, accendiamo una piccola luce e manteniamo un clima ovattato e tranquillo. Aiutiamo il piccolo a dormire attraverso il contatto, il latte, l’abbraccio. Soprattutto per i primi mesi di vita limitiamo le visite durante il giorno, per non stimolarlo eccessivamente e, se possibile, sosteniamo le mamme a sincronizzare il proprio riposo con quello del piccolo: contribuirà a un maggior benessere per tutta la famiglia.
Impostiamo delle routine per l’addormentamento prevedibili e in linea con i bisogni del bambino e della famiglia cercando di mantenerle con regolarità.
Queste sono solo alcune generiche indicazioni, quando le difficoltà del sonno persistono è opportuno rivolgersi ad un consulente, che possa sostenervi nella risoluzione del problema.
Infine evitiamo di fare paragoni: ogni bambino è unico e irripetibile, come i suoi genitori e la famiglia che insieme compongono.
Buona nanna a tutti voi!
Per approfondire:
G. Honegger Fresco, Facciamo la nanna, il leone verde edizioni 2006
A. Bortolotti, I cuccioli non dormono da soli, Oscar Mondadori 2017
McKennaJ.J., Di notte con tuo figlio, Il leone verde edizioni 2011
Dorme o non dorme?